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Socrate

 Socrate e la cultura del dialogo


In un epoca di insicurezza, la sofistica (con il suo relativismo) erose definitivamente le antiche certezze. Questo produsse un diffuso malcontento presso le classi conservatrici, che pertanto cominciarono a guardare con ostilità non solo ai sofisti, ma anche i filosofi in generale.
In questo clima difficile vive e opera Socrate, il quale da un lato si propone di combattere le posizioni relativiste della sofistica, dall'altro deve subire l'ostilità delle classi conservatrici.

Socrate nacque ad Atene nel 469 a.C. e nella commedia Le nuvole di Aristofane è rappresentato come un personaggio strano, dedito a inutili ricerche di carattere naturalistico, che filosofeggia similmente ai sofisti e creando concetti astratti nella sua scuola, "il pensatoio".
Alla fine della commedia, un cliente deluso, in quanto non ha appreso da Socrate né nuove conoscenze né una nuova arte, incendia il pensatoio (metafora del fatto che si libera dei filosofi).

Socrate non scrisse nulla e non lasciò testimonianza diretta si sé. Egli preferiva il contatto immediato con le persone, in particolare i giovani, ed era solito parlare con essi senza la mediazione della scrittura.
Tuttavia, abbiamo molte testimonianze indirette, tra cui i più importanti sono di Platone, che fu suo discepolo e può considerarsi il più attendibile interprete del pensiero del maestro.

Dal complesso delle fonti ricaviamo una notevole quantità di informazioni su Socrate, a partire dall'aspetto fisico per continuare con l'esposizione del pensiero e la descrizione di una vita dedita all'educazione dei giovani e alla riflessione.
Fisicamente Socrate non doveva essere molto bello: era basso, con la pancia grossa, il naso camuso, gli occhi fissi e sporgenti...Ma aveva un animo eccezionalmente bello e nobile, coraggioso e forte.

Il processo e la condanna di Socrate

Finito il governo illuminato di Pericle, la città dovette subire la dittatura dei Trenta tiranni e, alla loro caduta, il ritorno di un governo democratico. Socrate fu condannato in una fase di crisi della politica e della democrazia, in cui il potere avvertiva come una grave minaccia le istanze critiche di un personaggio popolare come lui. Egli fu accusato e riconosciuto colpevole di non onorare gli dei della sua città, anzi di aver importato nuove divinità, e di aver corrotto i giovani.

La sua morte può essere interpretata come il sigillo estremo della sua grandezza spirituale e come l'atto conclusivo e il drammatico coronamento di un'esistenza vissuta all'insegna del rigore morale e del perfezionamento interiore.

La necessità di definire i termini

Socrate è il più saggio perché sa di non sapere, mentre gli altri mancano di tale consapevolezza e anzi spesso si vantano di sapere ogni cosa.
Socrate si sente investito di una missione divina: scuotere gli uomini dal loro torpore (pigrizia) spirituale. Egli metteva in crisi coloro con cui dialogava, insinuando in loro il dubbio o quell'attitudine tipica della filosofia a chiedersi sempre "che cosa è ciò?" e "perché questo?". Insegnava, in particolare, a non accettare mai idee o giudizi senza mai prima essersi interrogati a fondo sul loro significato.

Socrate non arrivò a formulare concetti universali, né fu in grado di fornire la definizione di bene o di virtù (compito che assumerà Platone). Il suo intento fu da un lato quello di dimostrare che colore che si reputavano sapienti non lo erano affatto, in quanto non conoscevano in profondità quello di cui parlavano.

Il metodo socratico

Il metodo adottato da Socrate di componeva di due momenti fondamentali: uno critico e "negativo", l'ironia; l'altro costruttivo e "positivo", la maieutica.

L'ironia socratica consiste nel demolire le tesi dell'avversario, attraverso una strategia molto abile che si basa sulla "simulazione" e sulla "finzione", in cui egli inizialmente dichiarava di non conoscere l'argomento in questione. In particolare, si tratta di mettere in ridicolo le posizioni contrarie, dopo aver finto di accettarle come giuste. La "maschera" dell'ignoranza di Socrate si rivelava come lo strumento più efficace per mettere a nudo l'ignoranza altrui.

Socrate riteneva che ognuno dovesse sforzarsi di individuare e sviluppare dentro di sé i germi della verità. Per spiegare il senso del suo filosofare, ricorreva a un paragone della sua esperienza familiare e affermava di svolgere lo stesso mestiere della madre Fenarete, che era levatrice, con la differenza che egli aiutava a partorire non corpi, ma idee. Per questo il suo metodo veniva definito "maieutico" ("arte della levatrice").

Con la maieutica, Socrate intendeva risvegliare nell'interlocutore il gusto della ricerca della verità, cosa che, secondo lui, si trova già nell'anima di ognuno. La maieutica è, dunque, quell'arte che, attraverso un dialogo fatto di domande e risposte, deve aiutare l'uomo a rintracciare e far emergere le idee giuste di cui la sua anima è gravida, condizione indispensabile per "conoscere se stesso".

La virtù e la cura dell'anima

Socrate sostiene che la virtù è conoscenza ed è unica e insegnabile. Essa coincide con l'utilizzo della ragione, che consente di distinguere ciò che è bene per se stessi e per la comunità in determinare circostanze.

Socrate afferma che chi conosce il bene non può commettere il male, ritenendo che la virtù morale derivi dalla retta consapevolezza del bene.

Il filosofo di Atene lascia in eredità alla filosofia occidentale la prima concezione dell'anima come centro della personalità morale dell'uomo e la dottrina della cura dell'anima da perseguire attraverso la conoscenza e il dialogo. Una "cura dell'anima" intensa non solo come dovere religioso, ma anche e soprattutto come un compito intellettuale e morale: essa si realizza sia attraverso la ricerca senza fine, che incessantemente si interroga sul bene, sia attraverso la condotta pratica della vita, che a tale ricerca razionale deve essere improntata.

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