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Platone: La dottrina etica (anima, amore e virtù)

"Quando all'uomo sopravviene la morte la parte dell'uomo che è mortale, come è ovvio muore, ma l'altra che è immortale, sana e salva e incorrotta se ne va via e si allontana, lasciando posto alla morte" (Fedone, 106e)

 Platone

Il problema del senso della vita viene affrontato per la prima volta nel Gorgia, in cui il filosofo, confutando il sofista Callicle che sostiene una morale fondata sul piacere materiale e sugli interessi del più forte, afferma che l'unica vita degna di essere vissuta è quella improntata sul bene e alla virtù. Come aveva già affermato Socrate, l'obbiettivo autentico dell'essere umano è infatti la cura dell'anima; un'esistenza condotta in funzione del corpo e dei beni materiali è invece priva di qualsiasi valore.

Che cos'è l'anima?

Per Socrate, l'anima si identificava con la vita interiore, e la "cura" dell'anima consisteva nella ricerca filosofica. Per Platone, che segue le dottrine orfiche e pitagoriche unendole con il razionalismo socratico, l'anima è un vero e proprio principio spirituale, una sostanza semplice e incorporea, affine alle idee e quindi immortale, prigioniera di un corpo da cui deve progressivamente purificarsi attraverso la conoscenza.

L'immortalità dell'anima è per Platone una certezza che egli, nel Fedone, tenta di dimostrare con vari argomenti. Il primo si basa sulla reminiscenza che implica la reincarnazione dell'anima: l'anima ha conosciuto il mondo ideale prima della sua incarnazione e dunque che sia immortale. Poi sostiene che l'anima, perché capace di conoscere le idee, deve avere una natura loro affine, e quindi, come queste ultime, deve essere immutabile ed eterna. Inoltre, l'anima è connessa strutturalmente all'idea di vita; infatti, essa in greco si definisce psyché. Infine, Platone collega l'idea di anima al respiro o soffio vitale, un soffio vitale da cui il corpo è abbandonato quando muore, esalando l'ultimo respiro.
L'anima, in quanto strutturalmente legata all'idea di vita, non può accogliere la morte che rappresenta il suo contrario ed è pertanto immortale, incorruttibile ed eterna.

Il destino ultraterreno dell'anima

Nella parte conclusiva del Fedone Platone affida al racconto mitologico la descrizione del viaggio delle anime nell'Ade (il regno dei morti). L'anima che nella sua vita terrena, si sia macchiata di impurità o di qualche colpa, andrà vagando, da sola, fino a che non sia passato il tempo stabilito dalla legge della necessità, quando verrà portata in una prigione, il Tartaro. L'anima temperata e saggia, che ha vissuto nella purezza e nella misura, sarà accolta nella parte più alta del cielo, l'etere, che è la più bella e più pura.
Ciascuno è responsabile della propria sorte, in quanto la condiziona con le proprie scelte e la propria condotta morale. La filosofia rappresenta l'unica disciplina che può salvare l'uomo, perché gli insegna la verità e il Bene, permettendogli di condurre una vita saggia e felice e di ottenere il giusto riconoscimento ultraterreno.

La struttura dell'anima

Oltre all'anima razionale, Platone ammette anche un'anima irascibile, in cui risiedono le virtù del coraggio e dell'eroismo, e un'anima concupiscibile, sede degli istinti.
Nel Timeo Platone assegna a ciascuna delle tre parti dell'anima una propria sede nel corpo: la ragione viene collocata nel cervello, l'eroismo nel petto e la concupiscenza nelle viscere. La parte irascibile, che è spezzante del pericolo e coraggiosa, è portata a cercare la vittoria e la gloria, ma è anche docile ai dettami della ragione. La parte concupiscibile è passionale e ribelle: è caratterizzata da un insopprimibile desiderio di piacere e di gratificazioni materiali e soltanto a fatica può essere riportata sotto il controllo della ragione.
In questa tripartizione sono allusi i tre tipi di comportamento umano, rappresentati dagli uomini saggi (in cui prevale l'anima razionale), dai guerrieri (in cui prevale il coraggio e l'amore per la fama, ma anche il sentimento dell'ira e della vendetta) e dagli uomini comuni e volgari (dediti agli smodati piaceri dei sensi).
L'articolazione dell'anima platonica rispecchia il dramma umano della faticosa conquista del giusto quilibrio.

Il mito del carro alato

Nel Fedro, in particolare nel mito del carro alato, l'auriga, cioè la ragione, aiutato dal cavallo
buono, che rappresenta l'anima irascibile e il coraggio, combatte una terribile lotta per sottomettere il cavallo cattivo, che rappresenta l'anima concupiscibile e la furia degli istinti carnali, e condurre in tal modo il carro, cioè l'uomo, sulla giusta strada, cioè verso la meta dell'iperuranio.
Essa è una metafora che esprime la condizione umana, la quale si presenta agli occhi di Platone come caratterizzata dall'incessante lotta tra pulsioni e desideri contrapposti: il desiderio carnale, le emozioni nobili, la ragione. Tutti e tre sono importanti per l'equilibrio dell'anima. Platone non nega la forza delle passioni, ma ritiene che sia compito della ragione ricondurle nella giusta direzione.

L'amore

Nel Fedro, l'amore viene presentato come la forza che permette all'anima di elevarsi dall'esperienza sensibile alla Bellezza ideale ed eterna. Per Socrate, l'amore è un pazzia, ma la pazzia non è sempre un male. C'è una forma di follia che si può definire "divina", perché proviene dalla divinità ed è fonte di bene per gli esseri umani. L'amore permette all'anima dell'innamorato di percorrere tutte le tappe che la porteranno a riconquistare il mondo intellegibile.
Il primo gradino dell'itinerario dell'amore dell'uomo è rappresentato dalla bellezza sensibile che, grazie all'organo della vista, colpisce l'anima e la accende di desiderio in quanto ravviva il ricordo della Bellezza ideale che essa ha contemplato nell'iperuranio. Platone descrive gli effetti dell'amore come un delirio amoroso per cui l'uomo dimentica tutto.
la forza dell'amore spinge l'anima umana ad andare oltre il mondo sensibile e fisico, dirigendola verso il mondo soprasensibile dove potrà fare l'esperienza della scienza e del sapere intellettuale per tuffarsi nel "grande mare" della Bellezza ideale e assoluta, fonte e modello di quella terrena.
L'amore è una forza mediatrice che consente di unire il sensibile e il soprasensibile, le cose e le idee, una forza che restituisce le ali all'anima e la eleva. 
Per i Greci il bello coincide con il bene, quindi l'amore assume una profonda connotazione morale, rappresentando la via privilegiata verso la saggezza.

La natura di Eros

Il Simposio è un dialogo, in cui Socrate è invitato a cena con altri amici e propone di discutere
sul tema dell'amore. 
Aristofane, un celebre commediografo greco, sostiene che gli uomini non capiscono l'importanza di Eros. Egli racconta un mito che spiega l'originaria natura degli uomini. Un tempo questi erano distinti in tre generi: maschi, femmine e un terzo sesso, quello degli androgini, in cui si congiungevano natura maschile e femminile. Essi erano terribili e molto superbi, tanto da arrivare al punto di ribellarsi agli dei. Zeus e le altre divinità, temendo di rimanere privi di sacrifici che quelli offrivano loro, anziché ucciderli preferirono indebolirli: li fecero tagliare in due, così che fossero meno forti e maggiori di numero. Per questo motivo, ogni metà cominciò a desiderare fortemente l'altra per ricongiungersi a essa. Per Aristofane l'amore è il desiderio di ricomporre l'unità originaria perduta.
Secondo la sacerdotessa Diotima, Eros non è né un dio né un mortale, ma un demone, ossia un essere intermedio tra i mortali e i dei. Figlio del dio Poro (espediente, accorgimento e risorsa) e di Penìa (povertà, mancanza), ha una natura duplice e contraddittoria. Eros è "filo-sofo", perché di natura intermedia tra la ricchezza e la povertà, tra la sapienza e l'ignoranza, tra gli dei e gli uomini. Inoltre, lui ama la sapienza, mentre nessuno degli dei si dedica alla filosofia né desidera di diventare sapiente, perché chi non sa nulla è convinto di sapere. Eros è, quindi, la personificazione della filosofia.

Nel Simposio l'amore appare come "ponte" tra il sensibile e l'intellegibile, una forza che permette di trascendere la condizione umana ed esprime nostalgia e e tensione verso l'assoluto. L'amore assicura agli uomini l'immortalità perché garantisce il susseguirsi ininterrotto delle generazioni.

La virtù e i valori

Secondo Platone vi sono quattro virtù fondamentali:
- la saggezza
- la forza d'animo o coraggio
- la temperanza
- la giustizia

La saggezza è la virtù propria della parte razionale dell'anima e grazie a essa è possibile ragionare e dominare la vita; il coraggio è proprio della parte irascibile e rappresenta la capacità di lottare per far trionfare ciò che si ritiene giusto; la temperanza è la capacità di contenere e moderare i piaceri e i desideri sottomettendo l'anima concupiscibile a quella razionale. La virtù più importante è la giustizia, che nell'individuo si realizza quando ogni parte dell'anima svolge solo e unicamente la propria funzione, garantendo l'armonia del tutto.

Nella visione etica di Platone il corpo ha una posizione subordinata: l'uomo è essenzialmente la propria anima e quest'ultima si trova nel corpo come in un "carcere". Anche il piacere materiale è negata una validità autonoma, in quanto incatena l'anima sensibile, impedendole di occuparsi dei beni che le sono propri. 
Il vero filosofo desidera la morte e la filosofia è "preparazione di morte": se infatti il corpo rappresenta un ostacolo per l'anima, la morte è la liberazione dal corpo.

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