"L'uomo è misura [métron "il metro"] di tutte le cose; delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono." (Protagora)
I sofisti
PROTAGORA
L'uomo come criterio di giudizio della realtà
Protagora nacque ad Abdera, in Tracia, e fu il pensatore più originale del movimento, famoso in tutta la Grecia per la sua straordinaria eloquenza.
Egli afferma che "l'uomo è misura di tutte le cose" e diverse possono essere le interpretazioni di questa frase, a seconda del significati che viene attribuito al termine "uomo". In primo luogo, "uomo" può essere inteso come l'individuo singolo e, quindi, l'affermazione del sofista significherebbe che le cose appaiono diverse a seconda dei punti di vista soggettivi:
PER ESEMPIO: un'azione che a una persona sembra buona, dall'altra appare cattiva.
In secondo luogo, il termine "uomo" può essere interpretato come "umanità", "genere umano", e quindi Protagora si riferirebbe al fatto che la percezione e la valutazione della realtà dipendono dalla particolare conformazione mentale degli uomini, che differisce da quella degli animali. L'ultima prospettiva è quella che attribuisce al termine "uomo" il significato di "civiltà" o "popolo" secondo cui le cose sono valutate in modo diverso a seconda delle abitudini e delle convinzioni della comunità cui gli uomini appartengono.
In generale, si può dire che Protagora sostiene che l'"uomo" è criterio di giudizio della realtà o irrealtà delle cose, del loro modo di essere e del loro significato.
Protagora possiede, dunque, una visione relativistica, cioè sostiene che non esiste una verità assoluta, valida per tutti, ma si devono ammettere diverse interpretazioni delle cose e dei fenomeni a seconda del punto di vista: la verità è dunque "relativa" a colui che giudica nell'ambito di un determinato contesto.
Allo stesso modo, non vi è una legge naturale e universale che stabilisca che cos'è giusto e che cos'è ingiusto, che cos'è bene e che cos'è male.
Anche la religione, in questa prospettiva, non è né universale né unica, ma è una questione che riguarda i costumi degli uomini.
Tuttavia, Protagora non intende affermare una posizione scettica, secondo cui non si deve credere a nulla. Infatti, il relativismo di Protagora non nega ogni possibilità conoscitiva, ma riconduce tutte le conoscenze al contesto umano, sociale e culturale in cui si sono formate. Da questo punto di vista la sua concezione può essere considerata come una forma di "umanesimo", in quanto l'uomo è sempre criterio o punto di riferimento di ogni giudizio sulla realtà.
Il potere della parola
Secondo Protagora, il criterio di giudizio è rappresentato dall'utile, inteso come ciò che si concorda essere il bene del singolo e della comunità. Per questo motivo, la parola assume un ruolo fondamentale come strumento per raggiungere il consenso. Grazie ad essa, infatti, è possibile confrontare le varie posizioni e dialogare per raggiungere una prospettiva condivisa.
C'è però il rischio che la parola diventi strumento di potere dei gruppi più forti, in grado di far prevalere il proprio parziale interesse nell'assemblea, e per questo Protagora ribadisce che è indispensabile proporsi come obbiettivo costante il benessere generale della pólis.
La verità è dunque affidata alla forza della persuasione.
Infatti, il sofista di Abdera addestrava, attraverso l'insegnamento della retorica, cioè l'arte di persuadere l'uditorio mediante un linguaggio chiaro, semplice e convincente, i suoi discepoli al dibattito e alla discussione nella convinzione che occorresse saper sostenere le posizioni vantaggiose per la società, facendole sembrare più "forti" se si trattavano di tesi poco popolari, inducendo l'uditorio a credere nella loro validità.
Il metodo protagoreo (o metodo dell'"antilogia" dal greco antí, "contro", e lógos, "discorso") si fonda sul presupposto che su ogni cosa sia sempre possibile addurre argomenti a favore e contrari. Questo suo metodo tendeva a esaltare i valori della comunità umana.
La politica come "tecnica di tutte le tecniche"
Nel dialogo platonico intitolato Protagora, il sofista di Abdera sostiene una tesi sullo sviluppo della civiltà, inteso come un progresso costante dovuto alle tecniche, grazie a cui l'uomo trasforma l'ambiente naturale sottomettendolo ai propri bisogni. Le tecniche, tuttavia, non basterebbero da sole a garantire la sopravvivenza del genere umano se non si fosse sviluppata anche la "tecnica di tutte le tecniche", cioè la politica.
Inoltre, fino a questo momento la cultura era stata intesa o come un sapere sacro ed elitario o come un sapere specializzato, quindi un obiettivo di gruppi ristretti e minoritari. Protagora afferma, invece, che tutti siano dotati della virtù politica e che possano perfezionarla attraverso l'educazione.
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