"L'essere è ingenerato e imperituro; infatti è un intero nel suo insieme, immobile e senza fine." (Parmenide, Sulla natura)
Parmenide e il pensiero dell'essere
Parmenide è vissuto a Elea, un'antica colonia greca situata sulla costa della Campania. Parmenide crebbe in un ambiente culturale e intellettuale aristocratico e scrisse un poema in versi intitolato Sulla natura. Sebbene, in quest'opera, la cornice sia di carattere religioso, la materia del messaggio parmenideo e le movenze argomentative del suo discorso sono decisamente filosofiche e razionali.
Parmenide ha una visione del mondo opposta rispetto a quella di Eraclito; infatti, studia gli elementi statici e le unità. Come Eraclito si occupa dell'essere, dando inizio all'Ontologia, cioè lo studio dell'essere in quanto essere, nelle sue caratteristiche universali.
Parmenide afferma che:
"L'essere è, e non può non essere, mentre il non essere non è, e non può non essere."
Il che significa che soltanto l'essere esiste e che il non essere, viceversa, non esiste e non può neanche essere pensato. La nostra mente e il nostro linguaggio, infatti, possono riferisrsi solo a qualcosa che c'è, e dunque all'essere, mentre il non essere risulta impensabile e inesprimibile.
Per Parmenide il termine "essere" viene inteso come ciò che è comune a tutti gli enti e che esiste nella pienezza assoluta e perfetta, eterna e immobile; se una cosa esiste, secondo il suo modo di pensare, non nasce né perisce, non si muove e non cambia, ma semplicemente ed eternamente è.
Questa visione del mondo statica è strettamente legata anche alla sua concezione politica. Parmenide, un pensatore aristocratico, appartenente alla classe che si opponeva sia all'espansione del ceto democratico sia ai nuovi saperi legali allo sviluppo delle arti meccaniche e tecniche. Dunque, l'insistenza di Parmenide sulla stabilità e immutabilità dell'essere trova giustificazione sul piano sociale e politico, oltre che logico-filosofico.
Parmenide, come molti altri filosofi arcaici, parte dal presupposto che il mondo non possa derivare dal nulla, perché se esso derivasse dal nulla sarebbe la fine della realtà e del pensiero: ciò che deriva dal nulla è destinato inevitabilmente a farvi ritorno. La filosofia ha il compito di dare senso alle cose, dunque, deve escludere il nulla come la sua minaccia più grave.
Per questo, Parmenide si pone il problema di definire i caratteri essenziali dell'essere, ai quali il filosofo arriva per via deduttiva:
- l'essere è ingenerato e imperituro: se nascesse, dovrebbe derivare da ciò che non è; ma niente può derivare da ciò che non esiste, dunque l'essere non può nascere. Lo stesso ragionamento vale anche per la morte;
- l'essere è eterno: esso non ha né passato né futuro, ma vive in un sempiterno presente.
- l'essere è immutabile e immobile;
- l'essere è finito: secondo la mentalità greca, la perfezione non è data dall'infinità, ma dalla finitezza.
Lo spazio intermedio è il divenire.
Principi logici fondamentali:
- il principio di identità: A=A e B=B: l'essere è ed è identico a se stesso;
- il principio di non contraddizione: A≠B: l'essere è, dunque non può non essere;
- il principio di reciprocità/terzo escluso: B≠A: ogni cosa o è, o non è (una terza posizione è da escludersi categoricamente)
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